auto – guarigione

Costruendo un mondo migliore (Permacultura)

Postato il Aggiornato il

Elvio Irene Marco, Permacultura

Un saluto di cuore a tutti e benvenuti a questo Spiraglio.

Voglio dedicare questo nuovo post alla Permacultura. Nelle ultime due settimane sono stato a visitare due interessantissimi luoghi, qui in Colombia, dove ragazzi e ragazze di tutto il mondo stanno già mettendo in pratica questo nuovo modo di vivere.

Ma forse qualcuno si chiederà: chi sono i ragazzi della foto? Quello a destra sono io, ma gli altri due? C’entrano forse qualcosa con la Permacultura? Può darsi ma….lasciamo per ora in sospeso la questione e addentriamoci in questo fantastico argomento.

Ne avevo già sentito parlare nel mio primo soggiorno qui in Colombia ed avevo poi letto un libro. Avevo anche già provato a mettere in pratica qualche piccola cosa sia nella casa dove abito, sia nel piccolo Bed & Breakfast che gestisco con la mia famiglia, ma mai e poi mai avrei potuto immaginare, fino a quando ho conosciuto persone che hanno deciso di cambiare radicalmente la propria vita, che fosse una disciplina tanto vasta, complessa e interessante.

Ma come ho conosciuto la Permacultura? E, soprattutto, che cos’è la Permacultura?

Parto dalla prima domanda. Quello che avevo capito leggendo il libro è che le attività umane utilizzano molte più risorse di quelle che producono e che questo, inevitabilmente, porterà al collasso se non decidiamo da subito di cambiare il nostro stile di vita. Si tratta quindi di coltivare in modo più sano, comprare prodotti biologici, di stagione, magari locali, sostenere i contadini e gli allevatori delle comunità in cui si risiede, ridurre i consumi e gli sprechi, riciclare non solo la spazzatura ma anche beni che non usiamo più incentivando il mercato dell’usato, il baratto e lo scambio. Per fare un esempio, quando tornai dalla Colombia a vivere a Bologna mi resi conto che nel mio appartamento condiviso di cinque persone c’erano cinque phon. Veramente abbiamo bisogno di cinque phon? mi chiedevo. Cinque asciugacapelli significano anche cinque industrie che li hanno prodotti, cinque camion che li hanno trasportati, aerei e navi che si sono mossi per far arrivare i componenti che li compongono, etc.

Ovviamente è solo un esempio banale, ma quanti ne possiamo trovare nelle nostre case? Quanti soldi potremmo risparmiare se iniziassimo a chiederci cosa ci serve e cosa no? Quanto inquinamento potremmo risparmiare al pianeta? Tutto questo mi aveva fatto intuire che la Permacultura è molto più che un nuovo metodo di coltivare la terra ma non sospettavo quanti altri aspetti comprendesse fino a che non ho conosciuto i ragazzi della foto.

Si chiamano Marco e Irene e sono due fratelli di Torino che da circa un anno stanno girando il Sud America. In Colombia hanno partecipato a un corso di Permacultura che gli ha cambiato la vita. Dopo dieci giorni di condivisione e apprendimento hanno preso la decisione di tornare in Italia per dedicarsi anima e corpo a trasformare le terre dei loro genitori in un luogo dove mettere in atto una vita piu sostenibile.

Fu proprio Irene a parlarmi del Proyecto Gaia, un terreno di dieci ettari in cui un gruppo di ragazzi ha deciso di vivere puntando all’autosufficienza. Si trova a Santa Sofia, Boyacà, a circa tre ore da Bogotà. Ho deciso quindi di andare a conoscerli: sono andato a Villa de Leyva, ho passato li la notte e la mattina col primo bus, ho raggiunto Santa Sofia.. Dalla piazza, seguendo le indicazioni di due volontari, lui colombiano lei francese, che avevano appena finito di lavorare al Proyecto, mi sono messo in cammino. Le immagini della prima parte…

e la seconda parte…

Dopo il primo passaggio è passato un camion che mi ha dato un altro strappo, ed eccomi sul posto:

Proyecto Gaia, Santa Sofia, Colombia

Questi sono i ragazzi del progetto, impegnati nella costruzione di una nuova casa. Da quando sono qui hanno già costruito tre case basandosi su metodi di bio-edilizia utilizzando per lo piu materiali naturali e presenti in loco come fango e argilla e materiali di recupero come bottiglie di vetro riciclate. L’utilizzo di questo tipo di materiali permette tra l’altro di creare interessanti effetti estetici:

proyecto gaia vetro nella parete

Queste case solitamente hanno un tetto verde, ovvero un piccolo prato di erba e aromatiche al posto delle tegole. Questo tipo di copertura, oltre a stabilizzare la temperatura all’interno fa si che la terra e le piante trattengano l’acqua che altrimenti viene scaricata nei terreni circostanti (pensate a un’applicazione su larga scala in città: potrebbe limitare o persino eliminare il problema delle alluvioni!) e, ovviamente, produce ossigeno. Ah, dimenticavo: se si ha un accesso al tetto e si mettono aromatiche o insalata…nessuno ci vieta di raccoglierle!

Ma a parte le soluzioni pratiche e interessanti, la Permacultura ha una interessante ed affascinante ramificazione. E’ un fiore che si compone di “sette petali”, sette ambiti tra cui anche l’economia e il benessere personale e spirituale, e in tutto questo mi voglio soffermare su un aspetto che mi ha colpito non poco.

Fin da quando siamo piccoli veniamo abituati, ogni volta che arriviamo in un posto nuovo o iniziamo una nuova attività a ricevere istruzioni su come ci dobbiamo comportare. Una volta arrivato li, invece, mi ha colpito come tutti si muovessero in perfetta e totale autonomia. Abituato ai nostri schemi, chiesi subito se potevo fare qualcosa o come “dovevo” farlo, ma vedevo i ragazzi sorridere e rispondere semplicemente: “fai come ti senti”. All’inizio devo dire che la cosa mi ha lasciato perplesso ma a poco a poco ho capito che, nella loro ottica, autosufficienza non significa solo avere un orto e mangiare le piante che coltivi, bensi anche avere la capacità di decidere in autonomia senza che ci sia per forza qualcuno che ti dia ordini o che ti insegni “come si fa”. Ed è stato soprendente vedere come il lavoro fluiva, come tutti si muovevano facendo cose diverse, come le cellule di un unico, grande e sano organismo. Ma tornando alla pratica, guardate questa foto:

proyecto gaia lago

Sembra un normalissimo laghetto vero? Beh…è molto di più!

Come molte altre regioni, anche questa soffre di carenza idrica. La  siccità è in parte dovuta al clima del luogo, in parte alle attività umane. La terra privata della vegetazione, lavorata, calpestata e compattata dal pascolo intensivo degli animali non trattiene più l’acqua e fa si che quando piove questa scivoli rapidamente sulla superficie, precipitando a valle ed ingrossando pericolosamente i fiumi. E’ cosi che inizia la desertificazione ed è pure cosi che possono nascere le alluvioni.

In controtendenza con tutto questo, il  Proyecto Gaia ha gia quattro laghi articifiali e, secondo quanto mi ha detto Betto Gomez, uno dei fondatori del progetto, tra pochi anni ne avranno ben dieci. E quello che ti sorprende e commuove quando ti avvicini all’acqua è renderti conto di quanta vita nasce! In prossimità della sponda ci sono libellule, uccelli e una vegetazione rigogliosissima: ho visto persino piante di Equiseto (ottimo per la cura dell’apparato digerente) alte oltre due metri. Ah, una cosa che forse vale la pena specificare è che per realizzare questi laghi è stato sufficiente raccogliere l’acqua piovana. Un sistema di canalizzazione per gravità si incarica poi di distribuire l’acqua dove è necessario. Geniale vero? Pensate se si iniziasse a farlo in Italia, ad esempio a Carrara, la mia città, colpita da ben tre alluvioni negli ultimi anni (l’ultima di qualche mese fa…).

Dopo questa proficua visita ho deciso di partecipare a un corso che si è tenuto nella fattoria El clavelito Villavicencio. In questa seconda occasione ho preso parte alla costruzione collettiva di un orto, ho imparato tecniche di rigenerazione del suolo, a preparare saponi con le mie mani, ma soprattutto mi sono addentrato ancora di più in quello che è per me il significato più vero della Permacultura: un diverso modo di vedere la comunicazione e i rapporti tra le persone. Tutto questo, nel prossimo Spiraglio.

Irene e Marco stanno organizzando un Corso di disegno permaculturale nel loro paese d’origine, a Verrua Savoia, che si terrà l’estate prossima, e faranno arrivare un formatore molto esperto proprio da qui, dalla Colombia. Forse ora sento più che mai il significato più profondo di viaggiare, che non è solo vedere bei posti e conoscere bella gente, ma è annullare le distanze, fondere le culture, ricordarci che nelle nostre rispettive differenze siamo più uguali di quello che pensiamo e se lo vogliamo, possiamo costruire un mondo migliore. Non è un utopia, è alla nostra portata.

Chiudo con gli Spiragli di luce che filtravano dalle nuvole, mentre salutavo mi incamminavo per il sentiero sulla via del ritorno. Arrivederci al prossimo Spiraglio.

Elvio

Spiragli di Luce, sopra il Proyecto Gaia

Murales e…Permacultura!

Postato il Aggiornato il

proyecto gaia villa de leyva

Ciao a tutti, anche questo sarà uno “Spiraglio fotografico”, poche parole e molte foto. So che da quando sono qui non ho scritto tanto. A volte è difficile perché tendo a buttarmi più in ciò che faccio che trovare tempo e spazio per raccontarlo, altre perché mi viene in mente nei momenti più impensabili e impossibili (tipo sull’autobus o la sera prima di addormentarmi), altre ancora perché non c’è la connessione a internet.

Fatto sta che…poche parole ho detto, ma una parola chiave, si ce l’ho ed è Permacultura. 

Più o meno potrei dire che la permacultura è una visione del mondo che ricerca l’autosufficienza, cerca di ridurre le risorse impegnate per un’attività e di vivere in modo sostenibile. E tanto altro su cui prometto presto di tornare a scrivere.

Sono stato questa settimana a visitare un bellissimo progetto che lavora proprio su questo: si chiama Proyecto Gaia, ed è stato fondato da ragazzi che stanno costruendo un loro mondo sostenibile su dieci ettari di terra nella regione di Boyacà, Colombia centrale. Ci sono case fatte di fango, legno, bottiglie ed altri materiali naturali e riciclati, stanno piantando un bosque alimenticio (cioè un bosco fatto di alberi da frutta, che nel giro di pochi anni gli darà da mangiare…e non poco!), un orto e persino dei piccoli laghi artificiali, grazie ai quali avranno acqua anche nei periodi di secca, semplicemente utilizzando acqua piovana, che sennò sarebbe scivolata a valle ad ingrossare i fiumi della zona. Costo in denaro ed ambientale: zero. Anzi, costo in denaro zero, l’ambiente ne beneficia eccome dato che non appena ti avvicini all’acqua è tutto un pullulare di uccelli, libellule e piante rigogliosissime. La foto che vedete in alto l’ho scattata proprio lì, martedì scorso.

Detto questo…proprio questa settimana a Villavicencio (tre ore di viaggio) c’è un corso proprio su questi argomenti. Chissà, magari vado e imparo cose da applicare in Italia….ed accumulo pure nuovi argomenti per il blog (ammesso e non concesso che prima o poi riuscirò a scrivere tutto ciò che sto vivendo e sperimentando).

Poche parole e molte foto, quindi con le parole mi fermerei qua e lascio parlare alcune foto scattate stamattina. Forse non tutti sanno che Bogotà, la capitale della Colombia, è famosa anche per i suoi variopinti murales, alcuni fatti da ragazzi normalissimi (ed estrosi), altri da artisti famosi. Vi auguro buona visione e vi do appuntamento a presto!

Murales di Bogotà

Murales di Bogotà

Murales di Bogotà Murales di Bogotà

Murales di Bogotà

Arrivederci al prossimo Spiraglio. 

Oggi vi racconto tre storie

Postato il Aggiornato il

casa de barro, casa di fango, Villa de Leyva, Colombia Ciao a tutti e benvenuti a questo nuovo Spiraglio.

Questa che vedete qui sopra é la celebre Casa de barro (casa di fango) e si trova a Villa de Leyva, Colombia. É un paese che amo ed é proprio qui, tra l’altro, che scattai la foto con la strada e le case bianche, quella che vedete in alto come copertina del blog. Sono qui da ieri e proprio oggi sono stato a visitare la casa de barro…non potevo quindi non mettere una foto di questa meraviglia! Ma non è di questo che voglio parlarvi: oggi voglio raccontarvi tre storie. Mi sento di condividerle, perché oltre a farmi riflettere, mi hanno commosso ed emozionato. Via con la prima!

Due monaci zen, Tanzan ed Ekido incontrarono vicino a un villaggio una giovane donna che cercava di attraversare la strada, ma c’era così tanto fango che avrebbe rovinato il kimono di seta che indossava. Tanzan senza esitazione la prese in braccio e la portó dall’altra parte. I monaci proseguirono in silenzio. Cinque ore dopo, nelle vicinanze del tempio che li avrebbe ospitati, Ekido non fu più capace di trattenersi. “Perché hai portato quella ragazza al di là della strada? chiese. “Si suppone che noi monaci non facciamo cose simili.” “Ho deposto la ragazza cinque ore fa” disse Tanzan. “Tu la stai ancora portando?

E noi? Quanto vogliamo ancora aspettare prima di deporre la ragazza? In altre parole: per quanto tempo ancora ci vogliamo portare appresso il peso, il fardello, la zavorra del nostro passato? Non verró a dire qui che il passato non esiste o é un’illusione, come ho sentito a volte. Il passato ci può fare da maestro, insegnandoci a non ripetere vecchi errori. Il problema è però quando prende il sopravvento su tutto il resto, influisce sulle scelte di oggi ed oscura la magia del presente.

Avete mai sentito qualcuno dire: ma p

erché sempre a me?” E’ possibile che chi dice “sempre a me” tenda in qualche modo a risvegliare e far rivivere in sé (e intorno a sé!) il passato. Come il monaco Ekido, rimugina su avvenimenti che ormai esistono solo nella sua testa e si perde cosí il percorso, il paesaggio, la magia del presente. Che dite quindi….la deponiamo anche noi la ragazza del racconto senza portarcela dietro per le prossime cinque ore? 

Seconda storia:

Un uomo saggio vinse un’auto di lusso alla lotteria. I suoi amici e la sua famiglia erano molto contenti per lui e vennero a celebrare l’avvenimento dicendogli quanto fosse fantastico, quanto fosse stato fortunato. Ma l’uomo sorrise e rispose solo: “Può darsi” e per un paio di settimane si divertí a guidarla. Ma un giorno a un incrocio un guidatore ubriaco si scontrò con la sua nuova auto e lui finì all’ospedale con ferite multiple. Sia la sua famiglia sia i suoi amici vennero a fargli visita e gli dissero quanto fosse stato sfortunato. Ma di nuovo l’uomo rispose sorridendo: “Può darsi“. Una notte, mentre si trovava ancora in ospedale, vi fu una frana e la sua casa scivolò in mare. Di nuovo i suoi amici gli dissero quanto fosse stato fortunato ad essere in ospedale. E di nuovo l’uomo rispose: “Può darsi.

Questa mi fa pensare ad un’altra storia che mi raccontarono qualche tempo fa: un uomo d’affari che si arrabbió moltissimo per aver perso il suo volo. Imputó la colpa alla compagnia aerea che gli aveva causato un ritardo e piantó un vero e proprio scandalo in aeroporto, chiedendo a gran voce un rimborso e minacciando denunce. Stava ancora dando in escandescenze quando arrivó la notizia che l’aereo su cui avrebbe dovuto viaggiare era precipitato. Quel ritardo che tanto lo faceva disperare fu in realtá la sua salvezza. Sicuramente é molto estremo come esempio…ma…e se provassimo come ho giá scritto nel secondo intermezzo giudicare meno? Non mi riferisco solo a giudicare gli altri, ma anche ció che ci accade, le situazioni che si presentano nel presente. Dopo quello che abbiamo appena letto, siamo cosí sicuri di cosa possiamo definire buona notizia e cosa cattiva notizia? 

Ed ora la terza, ed ultima, storia:

In un pomeriggio grigio e freddo, due bambini pattinavano senza preoccupazione sopra un lago ghiacciato. All’improvviso il ghiaccio si ruppe e uno dei due cadde nell’acqua gelata. L’altro, senza perdersi d’animo, prese una pietra ed iniziò a colpire il ghiaccio con tutta le sue forze, finchè non riuscì a romperne un altro pezzo e salvare, così, il suo amico. Quando arrivarono i Pompieri e videro cosa era accaduto si domandarono alquanto stupiti: “Come è riuscito a farlo? Il ghiaccio è molto spesso, è impossibile che abbia potuto romperlo con solo questo sasso e le sue mani tanto piccole”. In quell’istante apparve un nonno e, con un gran sorriso, disse: “Io lo so come ha fatto”. “Come???” gli chiesero i pompieri increduli. “Semplice” rispose “Non aveva nessuno intorno che gli dicesse che non avrebbe potuto riuscirci“.

Da maestro di canto quale sono non posso far altro che confermare questa storia: la maggior parte del lavoro che faccio con i miei allievi non consiste nel “insegnare” loro qualcosa, bensì nell’inventarmi dei trucchetti per far sì che si lascino andare, che non si auto-limitino: se un neonato di quattro chili riesce a strillare per ore a un volume impressionante senza perdere la voce qualcosa mi dice che anche un adulto, se vuole, ce la può fare. Avete presente, inoltre, la cosiddetta “fortuna del principiante“? I principianti  hanno fortuna per un motivo sconosciuto e misterioso o semplicemente, essendo per loro la prima volta, sono a cuor leggero, non gli importa del risultato, non si giudicano…e quindi riescono?

Non so perché ho scelto queste tre storie. Forse perché me le sono trovate davanti in questi ultimi giorni. E perché mi saranno capitate proprio queste tre? Potrebbe essere che sono collegate? Chissà.

Forse se smettiamo di caricarci sulle spalle il fardello del passato e contemporaneamente cessiamo di giudicare il presente, allora potremmo diventare come quel bambino: capaci di imprese miracolose, seppur piccoli e deboli come siamo. Si, forse il senso potrebbe  essere questo. Vi saluto con un abbraccio pieno di luce colombiana, quella che ho visto stasera, al tramonto, presso la casa di barro.

Arrivederci al prossimo Spiragiio.

casadebarro

La vita è ciò che ti accade mentre stai facendo altri progetti

Postato il

“La vita è ciò che ti accade mentre stai facendo altri progetti”

(John Lennon)

 

Mi ha sempre emozionato questa frase perché più di una volta la mia vita mi ha mostrato quanto sia vera, ed è sorprendente come anche in Spiragli di Luce, persino in questo stesso Spiraglio posso trovarne conferma.

Iniziai a scrivere nel mese di ottobre per raccontare i nove mesi in cui avevo vissuto in Colombia. Volevo mettere insieme una serie di racconti per farli confluire in un libro o magari raccontare la mia esperienza per il puro gusto di raccontarla, come diceva De Andrè : per la stessa ragione del viaggio, viaggiare.

Dopo un paio di mesi sentii però l’esigenza di tradurre in spagnolo i primi post pubblicati. Tutto era nato in Colombia, tutto era nato mentre comunicavo e persino pensavo in spagnolo, mi sembrava che le mie stesse emozioni prendessero forma in questa lingua : come non includerla dunque nei miei scritti?

E fu così che, anche se inizialmente non l’avevo previsto, nacque Reflejos de Luz.

Fin dai primi post feci una bella e inaspettata scoperta : non mi riconoscevo più in quello che avevo scritto due mesi prima. Anche se i ragionamenti di fondo erano ancora convincenti, qualcosa nello spirito stesso delle parole non risuonava più dentro di me. E così capii che tradurre significa innanzitutto rivivere, o forse qualcosa di più: in un certo senso era come se le idee espresse nella versione originale avessero preso vita propria, ribellandosi alla forma originaria che avevo impresso loro. Così, anche se non l’avrei mai detto, tradurre in spagnolo mi ha spinto a tornare indietro e cambiare qualcosa qua e qualcosa là anche in quelli in italiano. Questo sgambetto che le mie stesse parole mi hanno fatto è appunto accaduto mentre facevo altri progetti. Ma c’è un’altra notizia ancora più inaspettata di questa.

Ho preso la decisione di tornare in Colombia.

Quando ho iniziato a scrivere il blog non me l’aspettavo, non l’avevo previsto. Ho iniziato a raccontare del mio primo anno passato in Colombia pensando di avere un sacco di tempo per farlo, ma poi la vita mi ha dato (e mi sono dato) la possibilità di ripartire. E io l’ho accolta.

Se devo essere sincero, pochi giorni dopo il mio rientro in Italia me la sarei data a gambe levate. Non mi riconoscevo più nel mio paese, nella disillusione cronica di alcuni, nella chiusura di altri, nell’italica attitudine a criticare tutto e pure nell’abitudine a lamentarsi sempre e comunque. Inoltre le persone mi chiedevano di continuo“perché sei tornato?”, domanda in genere accompagnata da sguardo incredulo, scuotimenti di testa e una malcelata delusione nel loro tono di voce. Eh già, alcuni sembravano più delusi che contenti di rivedermi. Forse per nove mesi avevo incarnato il loro sogno di “fuggire” o forse è semplicemente più facile capire chi parte per non tornare di chi parte e poi torna…chi lo sa! So che in quel momento mi sentivo più respinto che accolto, la voglia di fuggire era tanta. E invece ho scelto di restare. Credo che la vita sia un’opportunità troppo meravigliosa per scappare: io ho preferito combattere e vederci chiaro. Se riparto – mi dicevo – è perché voglio partire, non perché scappo da qualcosa.

E come per magia sono riuscito a farmi nuovamente piacere l’Italia. Mi ha aiutato la musica, il kung fu, l’inatteso e bellissimo rapporto col mio amico Francesco, i paesaggi, viaggiare in moto nel nostro bellissimo Sud, i sorrisi, la Sicilia, coltivare l’orto, le sagre e chi più ne ha più ne metta. Ora che ho fatto nuovamente pace col nostro bel paese sento che un ciclo si è chiuso e sono pronto a ripartire. Preferisco partire con un pizzico di nostalgia che andarmene deluso. Un po’ come quando ti alzi da tavola con un briciolo di appetito: non hai il mal di pancia e magari più tardi ti viene voglia di gustare un altro pasto.

Tutto questo mi fa capire come ci possiamo scervellare anche ventiquattro ore al giorno a fare calcoli, progetti e cercare di prevedere le cose…ed è pure giustissimo farlo, ma dobbiamo ricordarci che mentre lo facciamo la vita ci accade. Mentre facevo il progetto di scrivere dei mio primo viaggio è accaduto di partire di nuovo.

Non so se c’è una vera e propria morale da trarre, ma se qualcuno ha letto il primissimo post, il Primo Spiraglio sa che la decisione di scrivere un blog è stata sofferta: ci ho pensato a lungo prima di decidermi. Avendo aspettato così tanto adesso “mi tocca” interrompere il racconto. Se avessi iniziato prima, senza tentennare, avrei raccontato di più e non avrei dovuto premere il tasto “stop” giusto poco dopo aver iniziato.

Ecco forse allora che cosa mi ha insegnato tutto questo: se sentiamo che è giunto il momento di fare qualcosa per noi importante facciamolo subito, senza attendere né rimandare.

Esiste solo un momento giusto per iniziare un’attività che desideriamo intraprendere: quel momento è adesso.

Quindi se qualcuno mi sta leggendo mentre tentenna, rimanda o non è sicuro…caro miei fidatevi, il momento è ORA.

Se questa cosa che volete fare non dovesse andare, tranquilli! Ci penserà la vita a farvelo capire. Più che “non andare” credo che vi dirà come correggere il tiro, così come la mia idea di scrivere, bella sulla carta, non era completa finché non ho capito prima che volevo scrivere anche in spagnolo, e poi che era giunto il momento di rimettermi in viaggio. Se agiamo è la vita stessa che ci indica come proseguire, se invece continuiamo a procrastinare le togliamo alla l’opportunità di farci da maestra.

Qualsiasi sia la tua idea, che sia intraprendere un nuovo progetto, fare un viaggio, cambiare lavoro, parlare col tuo compagno o compagna di un problema che ti assilla, chiedere scusa a qualcuno, perdonare, dare ai tuoi genitori l’abbraccio che da anni sogni di dargli o dirgli il “ti voglio bene” che da anni sogni di dirgli…il momento magico per farlo non è tra un anno, né tra un mese, né domani, è adesso.

Dato che ormai ho messo nome e cognome mi prendo la piccola soddisfazione di mettere una foto che per ora non avevo voluto mettere. Me la scattai nel bellissimo paesino chiamato Salento, nella regione di Antioquia, Colombia, dove coltivano il caffè. Un momento di speciale gioia, come quella che ho ora premendo il tasto “Pubblica”. Grazie per avermi letto.

elvio rocchi spiragli di luce

Arrivederci al prossimo Spiraglio.

VIA LA MASCHERA!!!

Postato il Aggiornato il

via la maschera!

Ciao a tutti e benvenuti a questo nuovo Spiraglio.

Oggi scrivo per togliermi la maschera (o per lo meno una maschera), quella dello pseudonimo che ho scelto per scrivere : Spiraglio di Luce. 

Non avevo mai scritto un blog e la scelta di usare uno pseudonimo inizialmente mi è parsa la più conveniente : sentivo così  garantita una certa privacy e lo ritenevo opportuno per il particolare tipo di argomenti trattati. Forse non tutti – mi dicevo – sono così disposti a sentir parlare di destino, energia, intuizioni e regali dell’Universo. Ciò nonostante, oggi non mi riconosco più in questi timori : sento che nascondere la mia identità non solo non mi protegge, ma anzi è divenuto un limite. Oggi mi voglio aprire al mondo, dichiarando senza riserve chi sono e perché sento l’urgenza di scrivere.

Qualche giorno fa un amico mi ha detto : “c’è un momento per tenersi le cose per sé ed un altro per aprirsi”. Anche se parlavamo d’altro queste parole mi sono sembrate perfette per il blog : il momento di aprirsi è arrivato. Infatti : come potrei affrontare il tema di superare le nostre paure mentre io stesso ho paura di essere giudicato per gli argomenti presumibilmente “strani” che tratto? E ancora : come potrei scrivere sulla necessità di superare i nostri limiti nel momento in cui scelgo un anonimato che in qualche modo è esso stesso un limite? Ovviamente non potrei farlo e quindi…

Mi chiamo Elvio Rocchi, sono un ingegnere che a un certo punto ha deciso di cambiare vita e dedicarsi tempo pieno alla musica e dopo alcuni anni di questa nuova vita ha deciso ancora di lasciare parte delle cose che aveva in Italia per trasferirsi a vivere per un anno in Colombia.

Sono anche un ex-atleta, ex-giocatore di basket, attualmente pratico lo yoga e mi appassiona tantissimo l’arte marziale che pratico : il kung fu. Ho studiato e mi sono diplomato in canto, ho studiato violoncello, suono il pianoforte e un po’ di chitarra, quindi sono quello che nel gergo musicale viene definito poli-strumentista, ho fondato ormai più di dieci anni fa un gruppo che esegue canzoni di De André che esiste tutt’ora e si chiama Mille papaveri rossi con loro ci siamo tolti tante soddisfazioni : abbiamo suonato in tutta Italia e fatto una tournée in Spagna. Amo andare in moto e soprattutto amo la mia Sukuzi Bandit 650 a cui ho dato il nome di Maria. 

Detto tutto ciò, per quanto non sia grazioso da dire, sono una persona che ha sofferto. La sofferenza è stata mia compagna di vita, odiata ma in qualche modo tollerata quando non persino amata : sulla sofferenza avevo costruito la mia identità e negarla avrebbe significato negare me stesso. Chi sono? – mi chiedevo. E la risposta era : sono una persona sfortunata a cui è successo questo e quello, che ha vissuto situazioni brutte e pensa che il mondo sia un pessimo luogo dove vivere e gli altri vili profittatori pronti a usarci quando gli serviamo. Sia chiaro che dalla mia bocca non sono mai uscite frasi del genere, ma posso assicurare che corrisponde a ciò che avevo in testa : vivevo scaricando nel mondo la mia insoddisfazione, e il mondo assumeva la forma che la mia insoddisfazione gli dava. La potremmo chiamare Legge della risonanza o anche Legge della vita di Elvio fino almeno ai ventisette anni : quanto più ci carichiamo di negatività, tanto più appaiono intorno a noi situazioni che generano altra sofferenza.

Poi è accaduto qualcosa.

Non so dire esattamente come accadde, è stato un misto di porsi domande e non stancarsi di cercare le risposte. È stato leggere la poesia “I limoni” di Eugenio Montale. È stato conoscere lo yoga e la meditazione. Grazie ad essi ho conosciuto persone nuove che mi hanno dato stimoli nuovi, indirizzato verso nuove letture. Nei libri ho trovato indicazioni su come proseguire nel cammino. Ma che cos’è questo benedetto cammino di cui tutti parlano? Per me è il distacco dal vecchio me stesso, un percorso verso un nuovo me più consapevole, cosciente, meno problematico, più sicuro, sereno, in pace con e col mondo.

E poi è arrivata la Colombia. Niccolò Fabi dice nel testo di una sua canzone : “sto bene quando sto lontano da me”. Ecco cosa credo significhino queste parole : ci sono fasi della vita in cui per trovare pace dobbiamo allontanarci dal noi stesso che siamo diventati. La mia prima rivoluzione l’avevo compiuta abbandonando il lavoro di consulente per dedicarmi anima e corpo alla musica, ma nel giro di qualche anno la routine, l’ansia per il futuro e l’attaccamento alle mie ambizioni si erano nuovamente impossessate di me. Stavo meglio di prima, ma il mio ego aveva comunque trovato un modo per mettermi in scacco. Allontanarmi da quel me stesso mi ha permesso di incontrarmi con il nuovo : quello che corrisponde alla mia vera essenza, alla mia piena coscienza. Tutti gli altri “me” che si alternavano (ed a volte ritornano!) altro non sono che una grande illusione dell’ego, possono assumere la forma dell’ingegnere o del musicista, della persona adirata e persino dell’uomo apparentemente saggio, ma conducono sempre nello stesso spazio : un angusto recinto da cui non si può evadere fino a che non ci si rende conto che le pareti che lo delimitano le abbiamo create noi.

Non mi vergogno a dire quanto segue del nuovo me stesso che ho conosciuto in Colombia : è un ragazzo simpatico, è in gamba e mi piace passare del tempo con lui. Non rinnego quello di prima (è grazie a lui se sono ciò che sono!) ma non sarei sincero se non dicessi che mi trovo meglio in compagnia dell’attuale.

Insomma, mi chiamo Elvio Rocchi e non posso dire di “aver trovato me stesso”, ma di essermici avvicinato, si! E non voglio più usare uno pseudonimo : scrivo un blog per raccontare il mio percorso, i miei viaggi e la mia musica. Scrivo per condividere le mie esperienze e perché vedo che c’è ancora tanta sofferenza nel mondo. Quando lo vedo mi ricordo di non essere separato dal mondo e mi dico che se dentro di me ce n’era così tanta forse devo scrivere affinché queste parole, per quanto incomplete, possano essere d’aiuto e conforto a chi si vuole mettere in cammino, un cammino che a me ha condotto verso un luogo in cui sicuramente l’oscurità non è debellata, ma in cui altrettanto sicuramente sono ormai presenti, in modo stabile, splendidi Spiragli di luce.

Concludo con questa immagine, che ritrae uno dei momenti per me più importanti e significativi : il giorno in cui mi consegnarono la locandina del concerto che avrei tenuto al prestigioso Teatro Tecal a Bogotá. Avevo a lungo sognato di suonare in quel posto e in modo molto naturale mi venne offerta la possibilità di realizzare questo mio sogno. Voglio concludere questo post con questa immagine e nessun’altra, perché rappresenta per me la dimostrazione concreta che, se decidiamo di cercare dentro di noi, di trovare un nuovo me stesso pronto a ricevere fidarsi, esiste già pronta per ciascuno di noi una realtà ancora più bella di quella che possiamo immaginare persino nei nostri sogni.

Elvio Rocchi concerto Bogotá

Grazie per aver letto questo articolo, arrivederci al prossimo Spiraglio.

Elvio

Intermezzo : perché difendo le ragazze italiane rapite in Siria

Postato il Aggiornato il

Greta e Vanessa, volontarie italiane rapite in Siria

Nell’ultimo Spiraglio ho finito di raccontare il mio primo mese di viaggio in Colombia, terminato col rientro a Bogotà. Nei prossimi si entrerà nel vivo di una serie di scelte e avvenimento che hanno dato per sempre una svolta alla mia vita…il desiderio di fermarmi e l’occasione di farlo. Oggi però mi sento di fare una pausa in questo racconto per dire la mia sulla vicenda di Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due volontarie italiane rapite e poi liberate in Siria. Intervengo in ritardo forse perché sono pigro e forse perché credo che buttarsi nella mischia nel momento in cui gli animi sono infiammati ottenga il risultato di gettare benzina sul fuoco anziché quello di calmare le acque. Dato l’argomento insolito per il blog, lo affronterò con una forma insolita, procedendo per punti ad esaminare gli argomenti via via usati contro le due ragazze :

1 – “avrebbero potuto fare volontariato a casa loro/da un’altra parte/in una maniera diversa” Può darsi. Ma allora aboliamo Medici senza frontiere, Emergency, Greenpeace e ogni organizzazione umanitaria che operi al di fuori delle frontiere nazionali. Sarebbe un po’ come dire al medico : se vuoi salvare vite umane fai il pompiere, così non rischi di prenderti malattie, per poi dire al pompiere : se vuoi salvare vite umane fai il medico, così non rischi di morire carbonizzato in un incendio. Credo che bisogna cambiare il modo di ragionare da “alternativo“, valutare due scelte come “opposte” basandosi su criteri di meglio/peggio a “integrativo“, tutto coopera e tutto serve. Serve il medico come il pompiere, serve il volontario sotto casa, come quello che va in Siria, in Angola o in Iraq.

2 – “se la sono cercata” Anche chi fuma si cerca il cancro al polmone, così come chi mangia in modo sregolato si cerca malattie cardiovascolari. La domanda è : glielo direste a un vostro parente? Gli direste : beh, fumavi…se hai il cancro te la sei cercata! Inoltre : se Madre Teresa fosse stata sequestrata/uccisa/si fosse ammalata, si sarebbe potuto dire “se l’è cercata“? Questo è collegato al punto 1 : perché andare a Calcutta? Non poteva starsene a casa sua?

3 – “sono criminali, amiche dei terroristi” Non è così semplice : in Siria è in corso un massacro e il governo di Assad ha già ricevuto sanzioni da paesi di mezzo mondo. Senza dubbio tra i combattenti ci sono dei terroristi, ma è altrettanto vero che ci sono pure persone che si difendono e combattono per la libertà. La realtà delle cose è spesso più complessa di come appare : il mondo non si divide automaticamente in cose “giuste” e “sbagliate” né tanto meno in “buoni” e “cattivi

4 – “perché liberare loro? Liberiamo i Marò”Perché coltivare i pomodori? Coltiviamo le carote!“…avrebbe senso? Come già detto nei punti 1,2,3 bisogna smettere di ragionare tra due alternative ma provare ad avere una visione più ampia, in cui le cose non si escludono a vicenda.

5 – “perché pagare un riscatto quando si potrebbero investire i soldi nella scuola o nella sanità?” Dopo la distruzione sistematica della finanza pubblica del nostro paese attraverso la corruzione, le tangenti, i favori ai mafiosi, il sistema clientelare, i privilegi della casta, le consulenze pagate a peso d’oro, le pensioni d’oro, i regali alle banche, la ricostruzione militarizzata dell’Aquila, etc. alcune fra le persone che hanno votato i politici che hanno fatto tutto questo improvvisamente si svegliano dal loro letargo ventennale e scoprono che i soldi di un riscatto per salvare due vite umane sono fondi sottratti alla scuola pubblica. Qualcosa non mi torna….

6 – “hanno fatto sesso consenziente con i guerriglieri” È una bufala.

7 – “sono delle troie” Quindi il problema vero non sarebbe né dove né come fare il volontariato, bensì le abitudini sessuali di queste ragazze? Questo genere di commento, accompagnato talvolta da centinaia di “Like” la dice lunga su come stiano messe certa persone riguardo alla considerazione del sesso, della libertà sessuale, della libertà della donna nel medioev…. ops….pardon, nel 2015.

8 – punti dall’1 al 7 detti da delle donne È ovvio che una donna abbia diritto di criticarne un’altra, ci mancherebbe. Ma in un’epoca in cui l’emancipazione femminile è così importante, se i commenti crudeli contro queste due ragazze che rischiavano la vita mi facevano orrore, i commenti contro di loro fatti da donne, me ne hanno fatto anche di più.

Per concludere, voglio aggiunere che sull’oppurtunità di pagare un riscatto, soprattutto se questo finisce in mani sporche di sangue, sarebbe importante avviare una riflessione. Ma credo che anche tra l’essere contrari a questo tipo di soluzione e l’offendere o augurare la morte a due ragazze ventenni passi una bella differenza. Personalmente, non credo che alla loro età avrei avuto il coraggio di andare in Siria in una situazione di guerra, quindi da amante del viaggio e da persona convinta che la vita vada vissuta cercando di andare oltre i nostri limiti, ammiro e stimo Greta e Vanessa e sono contento che siano state liberate. Come in altri Spiragli chiudo con un tramonto che fotografai una sera di agosto nei dintorni di Trapani, Sicilia. Al tramonto caldi e densi spiragli di luce danno spazio e possibilità di riflettere sulla giornata che è appena passata. Lascio questa immagine come buon auspicio di riflessione su questa storia, perché possa servire per imparare e non per insultare, per migliorare e non per odiare.

Arrivederci al prossimo spiraglio.

tramonto in Sicilia